La cointestazione del conto corrente è una prassi piuttosto diffusa tra i clienti delle banche. Sappiamo però esattamente che cosa implica la decisione di cointestare un conto? Di chi sono i soldi che vengono depositati?
DI SOLITO I SOLDI APPARTENGONO A TUTTI GLI INTESTATARI DEL CONTO
In linea generale, si considera che il denaro presente su un conto corrente sia di proprietà di tutti i cointestatari, in parti uguali. Quindi, in un conto corrente intestato a due persone ciascuna di esse avrà la titolarità di metà della giacenza di conto; se i cointestatari sono 3, ciascuno avrà il 33% del totale del denaro, e via dicendo. Questa regola viene applicata abitualmente anche in caso di successioni per morte di uno degli intestatari del conto, al fine di stabilire la quota del saldo di proprietà del de cuius, che dovrà essere considerata nel cumulo del patrimonio da trasferire (e da tassare…).
UN INTESTATARIO PUO’ DIMOSTRARE CHE IL DENARO E’ SUO
Vi sono però delle eccezioni a questa regola generale. In particolare, uno o più cointestatari possono dimostrare di avere diritto alla titolarità dell’intero ammontare depositato su un conto corrente, indipendentemente dall’intestazione anagrafica del conto stesso.
Un tipico esempio può essere quello di due coniugi che cointestano il conto corrente per questioni di praticità. Supponiamo che soltanto uno di loro abbia un reddito, e che dunque il conto sia alimentato regolarmente dal relativo stipendio. Il coniuge lavoratore potrebbe facilmente dimostrare in ogni momento che il denaro versato sul conto corrente va considerato di sua proprietà, in quanto derivante dalla sua attività lavorativa. Un aspetto che potrebbe diventare rilevante, ad esempio, in caso di separazione tra i coniugi.
Un altro esempio è quello di un conto corrente che un genitore anziano decide di cointestare con il figlio, per semplificare la gestione delle spese quotidiane (bollette, tasse, ecc.). Se il conto viene alimentato dalla pensione del genitore anziano, alla morte di quest’ultimo il figlio non potrà ritenersi proprietario del 50% del saldo, che invece dovrà essere considerato in toto tra le disponibilità economiche del de cuius.
PER LA BANCA NON ESISTONO DISTINZIONI TRA I TITOLARI DI UN CONTO
Tutto semplice, allora? Non proprio. Bisogna sapere infatti che le banche non sono tenute a conoscere l’effettiva titolarità del denaro versato sui conti correnti cointestati, né tantomeno a comportarsi di conseguenza. La banca applica il principio di solidarietà attiva e passiva (previsto dall’articolo 1854 del Codice Civile). Per l’istituto bancario, ogni intestatario del conto corrente va considerato creditore e debitore in solido dei saldi in conto, e come tale può disporre dell’intera somma depositata. Un cointestatario, quindi, può prelevare tutto il denaro presente sul conto, e in caso di questioni legali spetterà poi agli altri intestatari rivalersi su di lui per ottenere il dovuto, senza che la banca possa essere considerata responsabile di alcuna mancanza.
FIRME CONGIUNTE PER UN MAGGIOR CONTROLLO
Una forma di tutela, per i correntisti, può essere la scelta dell’operatività a firme congiunte. In questo caso ogni operazione, per essere disposta, dovrà essere autorizzata da tutti gli intestatari del conto. E’ evidente come questo complichi in maniera significativa le cose, per cui l’opzione delle firme disgiunte deve essere ben ponderata per valutarne l’effettiva necessità.
Ricordo infine che, oggi, è molto semplice trasferire il proprio conto corrente da una banca ad un’altra: puoi leggere come si fa in questo articolo.