Dare a tuo figlio una competenza è meglio che dargli mille monete d’oro, dice un vecchio proverbio cinese. E’ facile essere d’accordo con questa idea, ma sappiamo che la nascita di un figlio è un evento che determina sempre un impatto significativo sulle finanze della famiglia.
Quanto costa nutrire, curare e mantenere un figlio per tutto il tempo in cui rimarrà a casa con noi? Quanto costa mandarlo a scuola e pagargli gli hobby? Quanto si spende per accompagnarlo nella sua vita di studente universitario, magari fuori sede? Quanto bisogna prevedere per aiutarlo, magari, a costruirsi una famiglia? E di quanto lievitano tutti questi costi se i figli sono più di uno?
Molte indagini tentano di quantificare l’assorbimento di risorse richiesto ad una famiglia per far crescere ed inserire in società i propri eredi. Tra queste, in particolare, merita menzione il lavoro dell’O.N.F. (Osservatorio Nazionale Federconsumatori) che pubblica periodicamente un rapporto dedicato, l’ultimo dei quali è datato 2021 e fotografa la situazione anche alla luce dei cambiamenti che la pandemia ha portato con sé.
Analizziamo i risultati emersi dall’indagine.
QUANTO COSTA CRESCERE UN FIGLIO DA 0 A 18 ANNI
Le famiglie italiane dedicano gran parte della propria spesa ai figli, e non potrebbe essere diversamente.
La ricerca di Federconsumatori prende come riferimento una famiglia di due genitori con almeno un figlio a carico, e ne stima il costo di crescita dalla nascita al compimento della maggiore età. Nel calcolo, si considera un reddito netto familiare di 34.000 euro all’anno, un contesto abitativo metropolitano e il pagamento di un mutuo o di un affitto per un’abitazione di circa 100 mq.
Si stima che questa famiglia debba affrontare una spesa mensile media di 955,78 euro, pari dunque a 11.469,38 euro su base annua. Una cifra importante, anche perché il reddito reale delle famiglie italiane è in calo costante dalla crisi finanziaria del 2008; da allora, la riduzione del potere d’acquisto è di circa il 10% (fonte ISTAT).
Da non trascurare è la maggior difficoltà che si riscontra nei nuclei famigliari composti da un unico genitore, attualmente pari a circa 2,5 milioni su un totale di 25,7 milioni di famiglie. È proprio questa tipologia ad essere economicamente più esposta: il 38,6% delle famiglie monogenitore si trova nel primo quintile di reddito, il più basso, e quindi le cifre appena citate diventano talvolta un impegno finanziario arduo da sostenere nel tempo.
Rispetto alla rilevazione precedente, condotta nel 2018, sono lievitati i costi per l’abitazione (+12%), per l’alimentazione (+8%) e per l’educazione (+6%); al contempo calano le spese per attività e tempo libero (-22%) e per abbigliamento (-13%). Appare evidente l’impatto pandemico nella modifica di queste voci di spesa rispetto al contesto pre-crisi: più oneri “casalinghi”, soprattutto nelle utenze che aumentano per il maggior tempo trascorso a casa, e sensibile riduzione delle spese legate alla vita sociale. Vanno inoltre messi in conto gli effetti dell’inflazione che si sta registrando in questi ultimi mesi a causa della guerra, che determinerà un ulteriore aumento del prezzo di beni e servizi, facendo crescere le stime di spesa citate in precedenza.
Il tempo dirà se queste trasformazioni sono destinate a diventare strutturali almeno in parte; tuttavia, il dato aggregato parla comunque di un incremento della spesa dell’1,2% rispetto al 2018: nel 2020, un figlio tra i 0 e i 18 anni costa, in media, 175.642,71 euro.
Federconsumatori allarga poi la stima considerando diverse fasce di reddito, e arriva a quantificare il medesimo costo in queste cifre:
QUANTO COSTA MANDARE UN FIGLIO ALL’UNIVERSITÀ
Le spese legate alla prole non terminano certo con il compimento della maggiore età. Anzi, in concomitanza con il compimento del 18esimo anno, o poco dopo, sempre più spesso si presenta il “capitolo accademico”, che comporta uscite finanziarie che possono essere classificate in due categorie, una certa ed una facoltativa.
Tasse universitarie
La prima riguarda le tasse universitarie, i cui importi vengono stabiliti secondo criteri che divergono da un ateneo all’altro, ma che in comune hanno la possibilità di essere ridotti concedendo agevolazioni agli studenti con condizione economica meno agiata. In particolare, il legislatore ha introdotto recentemente misure di facilitazione che prevedono l’allargamento della “no tax area” fino alla terza fascia ISEE (entro i 20.000 euro); in realtà molte università elevano questa soglia e la portano anche fino a 25/30.000 euro, esentando in sostanza tutti coloro che vi rientrano al pagamento delle tasse. Per chi esce da questa fascia e gode pertanto di redditi familiari più elevati, è prevista una tassa che mediamente a livello nazionale si attesta a 2.613,36 euro. Tale importo, tuttavia, è soggetto a una discreta eterogeneità a seconda di facoltà, città ed area geografica: si va dai 1.780 euro per una facoltà umanistica a Salerno fino ai 4.141 euro per una facoltà scientifica a Pavia. In ogni caso, per tutti i dettagli si rinvia alla tabella disponibile qui: https://www.federconsumatori.it/wp-content/uploads/2021/12/tasse-universitarie-2021-2022.pdf.
Studiare fuori sede
Un costo decisamente più rilevante, di cui tenere conto se si sceglie questa strada. Non riguarda tutti gli studenti, ma soltanto quelli che si allontanano da casa per il loro percorso accademico: quanto costa studiare fuori sede? Anche in questo caso, la stima è molto eterogenea e dipende molto dalla città, dalla qualità e dalla posizione dell’alloggio, oltre che da altri costi accessori ed indiretti (vitto, vita sociale, ecc.). In media, il costo di uno studente fuori sede sembra quantificabile in un importo che parte da poco meno di 10.000 euro e che arriva fino a 15.000 euro l’anno (fonte Immobiliare.it, 2022). A conti fatti, dunque, la famiglia di uno studente fuori sede si trova a dover stanziare un importo complessivo che può arrivare fino a 50.000 euro, per una laurea triennale. Sempre che il ragazzo non decida di voler frequentare prestigiose università internazionali o master all’estero: in questo caso, i costi lievitano fino a raggiungere, in qualche caso, cifre a 5 zeri.
COME PREPARARSI FINANZIARIAMENTE AL MEGLIO PER L’ARRIVO DI UN FIGLIO?
L’arrivo di un figlio rappresenta davvero una delle esperienze più magiche dell’esistenza umana. Associarlo ad una qualche forma di “stress” finanziario può apparire del tutto fuori luogo. Qualcuno inoltre potrebbe obiettare che esistono esempi di famiglie che, senza disporre di significativi mezzi economici, sono riuscite a crescere e a far studiare i propri figli.
Ciò è verissimo, ma col passare del tempo, e con i tagli sempre più robusti alle sovvenzioni pubbliche, è buona cosa pensare di organizzarsi per tempo per rendere finanziariamente meno “soffocante” il processo di crescita di un figlio.
In fondo, un genitore non può che volere il meglio per i propri figli: se alcune azioni possono portare qualcosa di migliore, perché non considerarle?
Partiamo dalle spese vive associate alla crescita di un figlio ed evidenziate dai numeri prima analizzati.
Cosa mai si può fare per pianificare al meglio questo aspetto? In fin dei conti si tratta di un importo ricorrente, continuo, che assorbe parte del reddito prodotto da quando il figlio nasce e che prosegue nel tempo…quindi sembrerebbe che l’unica soluzione per facilitare le cose sia guadagnare di più (o spendere di meno)!
La questione invece è un’altra e, badate bene, è cruciale: le risorse per i figli devono esserci sempre, qualsiasi cosa accada. E queste risorse, nella stragrande maggioranza dei casi, sono rese disponibili grazie reddito dei genitori. Questo reddito rappresenta dunque la certezza attraverso la quale è garantito alla famiglia un certo tenore di vita e le spese che ne derivano, comprese quelle per i figli.
Pertanto, se da un lato potrebbe non esserci il tempo di costruire e accantonare la ricchezza giusta per un figlio, dall’altro lato è indispensabile mettere “in cassaforte” la capacità della famiglia di generare quella ricchezza, mese dopo mese, senza se e senza ma. Quanto conta che queste risorse ci siano, a prescindere da tutto? Tradotto in parole più semplici – anche se piuttosto crude – chi pagherà il mutuo, le tasse scolastiche, le cure mediche, la spesa alimentare se uno o entrambi i genitori, per vari motivi, perdono la capacità reddituale preesistente o, peggio ancora, vengono a mancare?
C’è una sola soluzione a questo dilemma. Questa missione può essere raggiunta solo attraverso strumenti di protezione del capitale umano, che – come ben noto – si tendono purtroppo a fare pochissimo, specie in giovane età. Eppure, la responsabilità che deriva dalla nascita di un figlio non può che invitare a ragionare su questa domanda: con quali risorse si andrà avanti, se il reddito prodotto non dovesse più esserci? Impossibile non vedere la profondità della questione, se ci si ferma un attimo a riflettere. Impossibile fare finta di niente.
Da un punto di vista strettamente finanziario, invece, molto si può fare per le esigenze che si posizionano a medio e a lungo termine, quali ad esempio quelle relative al percorso di studi.
Nessun genitore sa per certo se i propri figli avranno la voglia e la vocazione per sviluppare le proprie competenze, ma qualsiasi genitore sa bene in cuor suo quanto le disponibilità economiche possano facilitare l’ingresso in società: che si tratti degli studi universitari o di una somma di denaro per aprire un’attività, quei soldi serviranno.
E di certo è preferibile disporre già, al momento opportuno, della somma necessaria a realizzare questi progetti, piuttosto che farvi fronte improvvisamente. Come fare? Ci sono due soluzioni:
- allocare un capitale di cui si dispone in anticipo e investirlo con una precisa data di scadenzae con un profilo di rischio/rendimento coerente con il tempo a disposizione.
- costruire quel capitale con pazienza e costanza. Quest’ultima non è soltanto la strada obbligata per molti, ma è anche quella preferibile: il mix fatto di tempo e disciplina sa regalare risultati davvero sorprendenti. Con un rendimento atteso del 5% annuo reale, 300 euro al mese per 10 anni restituiscono un montante di poco superiore ai 45.000 euro a scadenza. Se non sufficiente a coprire l’intero percorso di studi, di certo un valido aiuto. Se però lo stesso accantonamento fosse fatto per 15 anni, il montante finale supererebbe i 75.000 euro. Ecco quanta differenza si può fare, maturando per tempo la decisione di accantonare del denaro per i propri pargoli! Se vuoi saperne di più su questa modalità di investimento, puoi leggere questo articolo.
L’IMPORTANZA DI INVESTIRE CON UN PROGETTO, PER UN OBIETTIVO
Riprendendo il proverbio con cui ho aperto questo articolo, molti sostengono che, anche potendo, non sia giusto far trovare tutto pronto ai figli. E in effetti, sullo spirito di adattamento che deve accompagnare ciascuna persona nel suo percorso di crescita, sulla necessità di sapersela cavare e di faticare per tagliare il traguardo dovremmo essere tutti d’accordo.
Allo stesso tempo, mettere un figlio nella condizione di inseguire e raggiungere un sogno non può che rappresentare una soddisfazione enorme e un obiettivo primario, per un genitore.
Un obiettivo che sarebbe un peccato disattendere, soprattutto qualora si comprendesse – tardi – che un po’ di sacrificio, lungimiranza e attenzione lo avrebbero reso possibile.