C’era una volta il rendimento privo di rischio…

obbligazioni carta straccia

… mentre oggi ci troviamo sempre più spesso a fare i conti con il rischio privo di rendimento. E’ il caso dei titoli di stato di molti Paesi sviluppati, soprattutto nell’area Euro (ma anche in Svizzera ed in Giappone, ad esempio).

Osserviamo l’immagine seguente (ricavata dal blog della casa di gestione M&G):

grafico rendimento titoli di stato

Nel grafico di destra è riportato l’andamento dei rendimenti dei titoli di stato con scadenza entro i 2 anni delle principali nazioni europee.

AREA EURO: I TITOLI DI STATO HANNO RENDIMENTI NEGATIVI

Si intuisce chiaramente che, principalmente per effetto del Quantitative Easing (“allentamento quantitativo”, ovvero l’aumento della moneta in circolazione) messo in atto dalla BCE (Banca Centrale Europea) di Mario Draghi, al giorno d’oggi non è più possibile investire in una obbligazione statale di un Paese europeo con scadenza biennale ricavandone un profitto. Nella migliore delle ipotesi – si fa per dire -, sottoscrivendo una emissione italiana o portoghese per due anni otterremo indietro più o meno i nostri soldi, mentre investendo 10.000 euro in una obbligazione tedesca, dopo 24 mesi ne riceveremo indietro meno di 9.850: certamente non un grande affare.

QUANTO E’ SICURO UN TITOLO DI STATO?

E’ anche vero, starete pensando voi, che i titoli di stato hanno sempre rappresentato nell’ideale dei risparmiatori un “porto sicuro” nel quale investire i denari. Ed è qui che entra in gioco la seconda variabile del famoso mantra “rendimento senza rischio”, ovvero appunto la rischiosità dell’investimento in titoli di stato. Quanto è sicuro, oggi, sottoscrivere o acquistare una obbligazione di uno stato europeo?

Osserviamo il grafico di sinistra, che rappresenta l’andamento di quelli che in gergo finanziario vengono chiamati Credit Default Swap (CDS), ovvero “trasferimento del rischio di fallimento del credito”. (So che la parola “fallimento” starà già facendo venire i brividi lungo la schiena a qualcuno tra voi)

LO SPAURACCHIO DEL FALLIMENTO

In sostanza, il CDS indica il costo che si deve pagare ad un soggetto terzo per assicurarsi contro il rischio di perdere il capitale in caso di fallimento dell’emittente dell’obbligazione in cui si è investito. Tale costo è solitamente espresso in basis point (“punti base”, ovvero centesimi di un punto percentuale), e rappresenta appunto la percentuale del totale investito da versare annualmente a chi si assume l’onere di sopportare un eventuale default (grandi istituzioni finanziarie). Guardando il grafico capiamo così che, per “assicurarsi” contro il rischio di fallimento dell’Italia nei prossimi 5 anni, il detentore di un titolo di stato italiano dovrebbe pagare attualmente un “premio” annuo pari a circa 200 punti base, cioè il 2%: un salasso, se consideriamo che un BTP con scadenza 5 anni rende attualmente l’1,29% annuo lordo… 

Il grafico di sinistra, dunque, evidenzia come nel complesso il mercato stia stimando un aumento dei rischi legati ai titoli di stato europei (i prezzi dei CDS stanno aumentando, ovvero proteggersi costa di più): l’avvicinarsi delle elezioni in Olanda, Francia e Germania, la situazione di nuovo critica della Grecia, l’instabilità politica dell’Italia sono i fattori che preoccupano analisti ed investitori.

Sommando l’analisi dei due grafici, otteniamo uno scenario su cui vale la pena riflettere se si hanno titoli di stato in portafoglio (o se si ha intenzione di acquistarli). La combinazione di rendimenti in calo e rischi stimati in crescita è un fattore da considerare per non fare scelte che si potrebbero rivelare sbagliate entro breve tempo: qualcuno si è già dimenticato troppo in fretta il fallimento della Grecia di pochi anni fa…

Le opportunità di investimento, per nostra fortuna, non si riducono ai titoli di stato europei, e con l’aiuto di un esperto si possono facilmente trovare alternative con un miglior rapporto tra rendimenti attesi e rischi assunti.

     

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